Il THC: lo Spirito della Cannabis
Tra gli ottanta Cannabinoidi diversi presenti nella pianta di Cannabis, trova un posto d’onore il THC, (Tetraidrocannabinolo, delta-9-Tetraidrocannabinolo, delta-9-THC) sicuramente considerato dalla collettività come il capostipite dei Cannabinoidi. Oltre ad essere al centro dell’interesse ludico, in quanto fitocannabinoide con effetto psicotropo rilevato, è stato anche uno dei principi attivi più studiati nel settore scientifico e medico. In un momento storico in cui trovano spazio anche infiorescenze “light” o THC “free”, è quasi anacronistico pensare che storicamente la Cannabis è sempre stata un po’ in ostaggio del THC stesso, in un dualismo, in cui la legge l’ha sempre fatta da padrona. Il contenuto di THC nella Cannabis è nell'ordine di 0,5-1% nelle foglie grandi, 1-3% nelle foglie piccole, variabile nei fiori dal 10 al 27%, 5-10% nelle brattee, 10-60% nell'hash, oltre il 60% fino a 99% nel FECO (Full Extract Cannabis Oil) o Rick Simpson Oil. Quantità superiori di THC, fino al 30%, si possono ottenere, nei fiori, da specie selezionate appositamente con ibridazioni specifiche. Il contenuto di THC di hashish e marijuana tende a diminuire con il tempo, un processo accelerato dal calore e dalla luce. Le foglie e la resina di canapa conservate in condizioni normali perdono rapidamente la loro attività e possono diventare completamente inattive dopo 2 anni. (dato Wiki.)
Va ricordato che il THC è un metabolita secondario prodotto dalla pianta e questa ne contiene livelli bassi durante il suo ciclo vitale. Essa contiene invece THCA, o acido tetraidrocannabinolico, un cannabinoide non psicoattivo, precursore del THC. Con la fase di essiccazione, nella pianta, il THCA si trasforma lentamente in THC.
Il calore velocizza il processo attraverso il processo di decarbossilazione (perdita di una molecola di CO2 , anidride carbonica) Il THCA sembra essere imputato nell’effetto Entourage, ma l’interesse della scienza ancora non ha posato il suo sguardo su questa molecola. Le ricerche scientifiche attuali ci segnalano che potrebbe possedere un potenziale terapeutico. Sarebbe infatti in grado di contribuire al trattamento di diversi tipi di patologie. Per quanto riguarda la degradazione del THC, esso, attraverso un processo di invecchiamento o trattamento termico, si trasforma in CBN. L’assunzione del THC comporta l’interazione con il nostro sistema endocannabinoide, attraverso i recettori per i cannabinoidi di tipo C1 e C2 che sono ampiamente distribuiti nei tessuti umani. Quando il THC interagisce con i recettori dei cannabinoidi nel nostro organismo, provoca effetti diversi, sia a breve che a lungo termine ed è utile valutare anche il grado d’azione poiché persone diverse rispondono in maniera diversa a quanto principio attivo. In alcuni soggetti sembra dare un effetto di tipo principalmente sedativo, in altri soggetti può provocare ansia o paranoia. A livello scientifico ancora non è chiaro questo meccanismo.
Invece è chiaro che il THC stimola rilascio della dopamina a livello del sistema nervoso centrale (SNC) e ciò può provocare nella persona sensazioni di euforia, rilassamento, percezione spazio-temporale alterata; alterazioni uditive, olfattive e visive, ansia, disorientamento, stanchezza, e stimolazione dell'appetito. Inoltre anche per quanto concerne la percezione del dolore, è stato chiarito come questo principio attivo possa interagire con il nostro organismo.
I dati di tossicità ci indicano che la dose letale per una persona dal peso medio di settanta kg, si attesta oltre i 200 grammi consumati in un lasso temporale breve. Una possibilità paradossale che ci dimostra come con l’assunzione sia inimmaginabile raggiungere una tale mole di consumo.
Altri tipi di effetti indesiderati sono ancora da chiarire e non hanno ad oggi solide basi scientifiche dimostrative.
Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine è stato registrato un effetto di nausea ed ipermesi da cannabinoidi. Nel 2004, uno studio condotto in Australia ha descritto per la prima volta questa sindrome, ulteriormente chiarita nei suoi criteri diagnostici clinici come Cannabis Hyperemesis Syndrome (CHS) nel 2009. Va ricordato, però, che non è un effetto indesidato comune, bensì abbastanza raro. Per quello che riguarda gli effetti a lungo termine sul cervello è stato evidenziato che persone che fanno un uso cronico di Cannabinoidi presentano un volume cerebrale più esiguo della corteccia orbito-frontale (OFC), una zona del cervello comunemente associata alla dipendenza in generale, ma mostrano anche un aumento della connettività.
Utilizzare quotidianamente Cannabis avvia un processo ,molto complicato ed ancora non del tutto chiarito,che permette ai neuroni di adattarsi e compensare il volume ridotto della materia grigia. Sono necessari ulteriori approfondimenti scientifici per valutare se queste modifiche regrediscono con l’interruzione del consumo regolare, se vi sono effetti simili nei consumatori occasionali rispetto ai consumatori cronici e se questi effetti sono un risultato diretto o causati da un fattore predisponente.
Essendo un principio attivo psicotropo, il THC, risponde a delle restrizioni legislative: Il DM 23/01/2013 (GU n. 33 del 08/02/2013) modifica il DPR 309 9/10/1990 ed inserisce nella Tabella II, sezione B, i medicinali di origine vegetale a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture). Il decreto è entrato in vigore dal 23 febbraio 2013 ed autorizza l’utilizzo terapeutico, non solo del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) entrato in tabella II B DGR 98 del
28/04/2007, ma anche i medicinali di origine vegetale a base di Cannabis.
I possibili campi d’impiego per cui esiste una ricerca clinica sono:
- Spasticità secondaria a sclerosi multipla
- Dolore cronico di origine neuropatico
- Dolore nel paziente oncologico
- Dolore post operatorio
- Nausea e vomito da Chemioterapia
- Anoressia da AIDS
- Sindrome di Gilles de la Tourette
- Malattia di Alzheimer
- Glaucoma
- Epilessia
- Disfunzioni vescicali
- Terapia citotossica antitumorale
- Artrite reumatoide
- Fibromialgia
Per alcuni di questi campi applicativi esiste una letteratura più o meno significativa.
Articolo a cura del Dott. Domenico Pontillo
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